Ricorso della Regione siciliana, in persona del Presidente pro-tempore rappresentato e difeso, sia congiuntamente che disgiuntamente, giusta procura a margine del presente atto, dagli Avvocati Beatrice Fiandaca e Marina Valli, elettivamente domiciliato presso la sede dell'Ufficio della Regione siciliana in Roma, via Marghera n. 36, ed autorizzato a proporre ricorso con deliberazione della Giunta regionale n. 186 del 5 agosto 2011, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore, domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, presso gli Uffici della Presidenza Consiglio dei Ministri, e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'articolo 19, comma 4 del decreto legge, 6 luglio 2011, n. 98 come convertito, con modificazioni, con legge 15 luglio 2011, n. 111 recante "Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica 16 luglio 2011, n. 164 serie generale, per violazione degli articoli 14, lettera r), 17, lettera d) e 20 dello Statuto anche in relazione all'art. 117, terzo comma della Costituzione - laddove attribuisce a tutte indistintamente le Regioni competenza concorrente in materia di istruzione - con riferimento alla previsione dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 nonche' per violazione delle Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia di pubblica istruzione di cui al D.P.R. 14 maggio 1985, n. 246 e del principio di leale cooperazione. F a t t o Il decreto legge 6 luglio 2011, n. 98 come convertito, con modificazioni, con legge 15 luglio 2011, n. 111 recante "Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria" reca, all'art. 19, comma 4 disposizioni che violano le prerogative statutarie di questa Regione in materia di istruzione primaria e secondaria di primo grado sancite, rispettivamente, dagli articoli 14, lettera r), 17, lettera d) e 20 dello Statuto nonche' del D.P.R. 14 maggio 1985, n. 246 recante "Norme di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana in materia di pubblica istruzione" che assegna alla Regione "le attribuzioni degli organi centrali e periferici dello Stato in materia di pubblica istruzione" (art.1) e specifica che (art.6) "in materia di pubblica istruzione e' di competenza regionale la predisposizione di piani regionali per l'istituzione di nuove scuole o istituti di ogni ordine e grado" ed il principio di leale cooperazione. L'art. 19, comma 4 del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98 come convertito, con modificazioni, con legge 15 luglio 2011, n. 111 recante "Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria" stabilisce che "per garantire un processo di continuita' didattica nell'ambito dello stesso ciclo di istruzione, a decorrere dall'anno scolastico 2011-2012 la scuola dell'infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado sono aggregate in istituti comprensivi, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche autonome costituite separatamente da direzioni didattiche e scuole secondarie di I grado; gli istituti compresivi per acquisire l'autonomia devono essere costituiti con almeno 1.000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificita' linguistiche". La richiamata disposizione dell'art. 19, comma 4 del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98 come convertito, con modificazioni, con legge 15 luglio 2011, n. 111 si appalesa costituzionalmente illegittima e viene censurata, in quanto lesiva delle attribuzioni dell'autonomia della Regione siciliana in materia di pubblica istruzione, per le seguenti ragioni di D i r i t t o Violazione degli articoli 14, lettera r), 17, 1ettera d) e 20 dello Statuto nonche' delle "Norme di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana in materia di pubblica istruzione" di cui al D.P.R. 14 maggio 1985, n. 246 ed in particolare, degli articoli 1 e 6. Il disposto di cui al sopra citato art. 19, comma 4, confligge con l'esercizio di competenze attestate alla Regione Siciliana in forza degli articoli 14, lettera r) e 17, lettera d) dello Statuto che le assegnano potesta' legislativa primaria in materia di istruzione primaria di primo grado e competenza legislativa concorrente in materia di istruzione primaria di secondo grado. L'art. 20 dello stesso Statuto, poi, attribuisce alla Regione le funzioni esecutive ed amministrative nelle materie di competenza legislativa regionale (fra le quali appunto la pubblica istruzione). Inoltre l'art. 1 del D.P.R. 14 maggio 1985, n. 246 - Norme di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana in materia di pubblica istruzione - assegna alla Regione "le attribuzioni degli organi centrali e periferici dello Stato in materia di pubblica istruzione". Il successivo art. 6 delle "Norme di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana" in materia di pubblica istruzione specifica che e' di competenza regionale la predisposizione di piani regionali per l'istituzione di nuove scuole o istituti di ogni ordine e grado. Tant'e' che la regione siciliana ha disciplinato il suindicato settore della pubblica istruzione, occupandosi, in particolare, anche del dimensionamento delle istituzioni scolastiche in questione con proprie leggi 24 febbraio 2000, n. 6 e 12 luglio 2011, n. 13. In particolare gli articoli 2, 3 e 4 della legge 24 febbraio 2000, n. 6 dettano le disposizioni in ordine al dimensionamento delle stesse istituzioni scolastiche, al riconoscimento dell'autonomia ed all'attribuzione della personalita' giuridica, e l'art. 12 stabilisce le funzioni e i compiti della Regione. In particolare l'art. 2 della legge 24 febbraio 2000, n. 6, al primo comma, afferma il principio che "l'autonomia amministrativa, organizzativa, didattica, di ricerca, di progettazione e di sperimentazione educativa e' riconosciuta alle istituzioni scolastiche statali di ogni ordine e grado, ivi comprese quelle dotate di personalita' giuridica ed esclusi gli istituti di cui al comma 1 dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1998, n. 233, che raggiungono dimensioni idonee a garantire l'efficace esercizio dell'offerta formativa, la stabilita' nel tempo e l'equilibrio ottimale tra domanda e offerta di istruzione e formazione" ed, al successivo terzo comma, precisa che "per acquisire o mantenere la personalita' giuridica, le istituzioni scolastiche devono, di norma, avere una popolazione prevedibilmente stabile per almeno un quinquennio compresa tra 500 e 900 alunni". Il suindicato art. 2, nel testo come modificato ed integrato dall'art. 1 della successiva legge 12 luglio 2011, n. 13, al sesto comma, stabilisce che "Nelle isole minori, nei comuni montani, nonche' nelle aree geografiche contraddistinte da specificita' etniche o linguistiche gli indici di riferimento previsti dal comma 3 possono essere ridotti fino a 300 alunni per gli istituti comprensivi di scuola materna, elementare e media di primo grado, o per gli istituti di istruzione secondaria di secondo grado che comprendono corsi o sezioni di diverso ordine o tipo. Per gli istituti scolastici che abbiano sede nei comuni inseriti negli ambiti territoriali di cui all'articolo 3 della legge 15 dicembre 1999, n. 482 e successive modifiche ed integrazioni, l'indice di riferimento di cui al presente comma puo' essere ridotto del 50 per cento. Tale riduzione si applica esclusivamente qualora l'istituto scolastico interessato abbia sede in comune non confinante con altri comuni tutelati ai sensi della legge n. 482/1999 e successive modifiche ed integrazioni, e sempreche' le condizioni di viabilita' statale e provinciale del territorio siano disagevoli causando una reale situazione di isolamento fisico e geografico del comune medesimo. Per gli istituti scolastici che abbiano sede nei comuni inseriti negli ambiti territoriali di cui all'articolo 3 della legge 15 dicembre 1999, n. 482 e successive modifiche ed integrazioni, l'indice di riferimento di cui al presente comma puo' essere ridotto del 50 per cento. Tale riduzione si applica esclusivamente qualora l'istituto scolastico interessato abbia sede in comune non confinante con altri comuni tutelati ai sensi della legge n. 482/1999 e successive modifiche ed integrazioni, e sempreche' le condizioni di viabilita' statale e provinciale del territorio siano disagevoli causando una reale situazione di isolamento fisico e geografico del comune medesimo". Dall'esame delle suindicate disposizioni, emesse in forza della competenza legislativa della Regione siciliana nella suindicata materia della pubblica istruzione ed, in particolare, nel settore del dimensionamento delle scuole ai fini dell'acquisizione e del mantenimento della personalita' giuridica della pubblica istruzione emerge, con palese evidenza, come i parametri indicati dall'art.19, comma 4 del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98 come convertito, con modificazioni, con legge 15 luglio 2011, n. 111 ("gli istituti comprensivi per acquisire l'autonomia devono essere costituiti con almeno 1.000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificita' linguistiche') confliggano con quelli indicati dall'art.2 della suindicata legge regionale . Inoltre il soprarichiamato articolo 19, comma 4, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito con legge del 15 luglio 2011, n. 111, lede le competenze istituzionali della Regione Siciliana laddove prevede che: " la scuola dell'infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado sono aggregate in istituti comprensivi, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche autonome " mentre, ai sensi della vigente normativa regionale (crf. art. 12 l.r. 6/2000 e s.m.i.), l'istituzione, l'aggregazione, la fusione e la soppressione di scuole sono attribuite alla competenza regionale. In proposito e' il caso di ricordare che, la costante giurisprudenza di Codesta Eccellentissima Corte, ha piu' volte ribadito il principio "secondo il quale, anche nelle materie indicate nell'art. 14 st. reg. sic., trovano applicazione le leggi dello Stato, tanto anteriori quanto posteriori alla istituzione delle Regioni, compresa quindi anche la Sicilia, fino a quando la Regione stessa non si sia avvalsa della potesta' legislativa ad essa attribuita". Alla disciplina di fonte statale viene, dunque, riconosciuta efficacia suppletiva, nel senso che puo' operare in ambito regionale se e fino a quando la Regione non abbia predisposto una propria disciplina (cosi', Corte cost. sent. n. 165/1973; v. anche C.Cost., sent. n. 18 del 1969). Dal che deriva, appunto, che ove la Regione abbia invece "in base e nei limiti della riconosciuta potesta', emanato proprie norme legislative", queste ultime prevalgono sulla legislazione statale anche in presenza di diverse disposizioni emanate dal legislatore statale. Nella fattispecie sottoposta al vaglio di costituzionalita' di Codesta Eccellentissima Corte la regione siciliana ha gia' disciplinato il settore dell'istituzione, aggregazione, fusione e soppressione di scuole ed il relativo dimensionamento e, dunque, e' di tutta evidenza l'inapplicabilita' della norma statale alla regione siciliana. Peraltro, solo in queste ultime ipotesi (fattispecie regolate da leggi regionali), l'eventuale scelta del legislatore regionale di applicare le norme statali richiede un apposito intervento legislativo regionale a meno che non ricorra uno dei limiti cui e' soggetta la potesta' legislativa della Regione siciliana. Tuttavia occorre rilevare che la norma impugnata, pur non indicando fra i propri destinatari le regioni ad autonomia speciale, deve, in assenza di espresse previsioni di garanzia delle competenze loro attribuite dagli statuti speciali, ritenersi applicabile anche alle regioni ad autonomia speciale (cfr.sentenza n. 152/2011). Tanto precisato in ordine alla prevalenza della norma regionale su quella statale (cd.principio di prevalenza) e' il caso di ricordare come Codesta Eccellentissima Corte con la sentenza n. 177 del 2004 resa nel corso di un giudizio sulla spettanza del potere ispettivo nei confronti degli istituti scolastici paritari presenti nella Regione Siciliana e dai principi ivi affermati abbia avuto modo di ricostruire il quadro normativo delle competenze dello Stato e della Regione in materia di istruzione, precisando che, sulla base delle norme di attuazione dello Statuto, alla Regione spettano «le attribuzioni degli organi centrali e periferici dello Stato in materia di pubblica istruzione» e, specificamente, «le funzioni di vigilanza e tutela spettanti all'amministrazione dello Stato nei confronti di enti, istituti ed organismi locali, anche a carattere consorziale, che svolgono nella Regione attivita' nelle materie trasferite a norma del presente decreto». Allo Stato, invece, residua la competenza in ordine alla disciplina della natura giuridica e del riconoscimento legale degli istituti scolastici non statali, essendo assegnato valore legale in tutto il territorio nazionale ai titoli di studio conseguiti negli istituti scolastici non statali «parificati, pareggiati e legalmente riconosciuti dalla Regione in conformita' dell'ordinamento statale». Tale assetto delle competenze dello Stato e della regione in materia di istruzione, deve ritenersi confermato anche dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, stante il disposto dell'art. 10 della stessa legge. E' sufficiente rilevare che le disposizioni della surrichiamata legge costituzionale n. 3 del 2001, modificativa del Titolo V della Costituzione, si applicano alle Autonomie differenziate, ai sensi dell'art. 10 della stessa legge costituzionale, solo «per le parti in cui prevedono forme di autonomia piu' ampie rispetto a quelle gia' attribuite». Come non ha mancato di precisare Codesta Ecc.ma Corte Costituzionale, dall'applicazione della suddetta clausola di maggior favore deriva la titolarita' in capo alle Regioni speciali e alle Province di ulteriori e piu' ampie competenze (C.Cost. sent. 236/2004) mentre deve necessariamente escludersi che ne possano conseguire limitazioni alla sfera di competenza legislativa gia' attribuita per effetto dello statuto di autonomia (C.Cost. Sent. 145/2005). In particolare, per quanto al presente ricorso viene in rilievo, l'art.117, terzo comma della Costituzione - laddove assegna alla potesta' legislativa concorrente di' tutte indistintamente le regioni la materia della pubblica istruzione. Tale disposizione conferma che lo Stato non ha alcuna competenza amministrativa sulle scuole presenti sul territorio della Regione per le quali essa regione, ai sensi degli articoli 14, lettera r), 17, lettera d) e 20 dello Statuto nonche' delle "Norme di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana in materia di pubblica istruzione" di cui al D.P.R. 14 maggio 1985,n. 246 ed, in particolare, degli articoli 1 e 6 esercita la propria competenza legislativa esclusiva e concorrente. Violazione del principio di leale cooperazione. Infine, in subordine, si ravvisa la violazione del principio di leale cooperazione, i cui contenuti sono stati individuati dalla giurisprudenza di Codesta Corte (sentenze n. 133 del 2002, n. 288 del 2001, n. 348, n. 347 e n. 98 del 2000), poiche' non si e' dato corso a nessun forma di partecipazione e consultazione della Regione, titolare di competenze proprie, per la prevista determinazione statale di soppressione di autonomie scolastiche, almeno nella fase di prima applicazione. Dalle considerazioni sopra svolte e dalla giurisprudenza costituzionale citata, deriva che le disposizioni nazionali in esame, prive di una clausola di salvaguardia delle prerogative delle Regioni a Statuto speciale (sentenze 29/2004, 152/2011), sono lesive dei suindicati parametri statutari.